L’aggiornamento del Piano nazionale delle cronicità fornisce anche un affresco di come sta cambiando la composizione demografica della popolazione. Secondo i dati illustrati l’Italia, con una popolazione censita pari a 59,00 milioni di abitanti – di cui oltre 14,18 milioni ultra 65enni al 1° gennaio 2023 – resta il Paese UE con la maggiore quota di popolazione anziana, pari al 24,0%.
L’indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazione di ultra 65enni e quella con meno di 15 anni) è notevolmente aumentato e continua a crescere: era 131,7% nel 2002 e si attesta a 193,1% nel 2022, mentre si prevede nei prossimi 20 anni più che un raddoppio rispetto al 2002 (305% nel 2043).
Le persone ultra 65enni tra 20 anni arriveranno a sfiorare i 19 milioni e rappresenteranno circa il 34% della popolazione complessiva. I grandi anziani, ossia le persone con almeno 80 anni, che oggi superano i 4,5 milioni incrementeranno di quasi 2 milioni, mentre i centenari che oggi raggiungono le 20 mila unità raddoppieranno, a fronte di una riduzione complessiva della popolazione residente a circa 56 milioni di abitanti, a scapito dei minori, ma soprattutto della popolazione adulta di 15-64 anni che dal 63,5% di oggi scenderà di oltre 8 punti percentuali.
Attualmente, almeno una persona anziana su 3 vive sola. Per le donne questa percentuale aumenta a circa il 40%, mentre si riduce al 20% per gli uomini che vivono per quasi la metà in coppia (senza figli) e per i quali più di frequente è la partner che riveste il ruolo di caregiver. Si tratta delle tipologie familiari più tipiche della fase anziana della vita e, a seguito dell’ulteriore invecchiamento della popolazione, le ultime previsioni stimano che, tra 20 anni, le famiglie unipersonali di anziani supereranno gli oltre 6 milioni di persone, con possibili ricadute sul sistema di welfare.
