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Case di riposo venete, l’Uripa chiede innovazioni alla Regione

Se Atene piange, Sparta non ride. Da anni, come Sindacato dei Pensionati, assieme al Sindacato dei lavoratori della sanità e alle Associazioni dei famigliari denunciamo l’estrema arretratezza dell’impianto della rete delle case di riposo venete, un ambito estremamente burocratizzato nel quale i principi di confronto e condivisione che dovrebbero ispirare le scelte in materia socio-sanitaria vengono semplicemente misconosciuti, impedendo così di affrontate le tante criticità legate all’insufficienza dei posti e delle impegnative, all’aumento delle rette e al peggioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti. 

Anche le associazioni datoriali risultano avere i loro bei problemi a farsi ascoltare.

In un recente incontro con l’assessore regionale alla Sanità Lanzarin, l’Uripa (Unione regionale degli istituti per anziani) è tornata a rappresentare le difficoltà di rapportarsi con la Direzione sanitaria della Regione Veneto e con le stesse aziende Ulss «che nel sentire comune», secondo Uripa, «sono soprannominate i “9 Regni”, alla luce del fatto che ciascuna assume le proprie decisioni e determinazioni che a volte vanno in direzioni opposte».

La richiesta dell’Uripa è che «la Direzione dei Servizi Sociali ritorni ad essere l’unico interlocutore dei Centri di servizio. È impossibile – ha sottolineato il presidente Roberto Volpe – continuare con la situazione attuale per cui uomini e donne dell’apparato della sanità regionale intervengono (certamente in buona fede) generando gravi conseguenze per mancanza di conoscenza del sistema socio sanitario, che è cosa ben diversa dal sistema sanitario».

Nel mirino dell’associazione anche Azienda Zero: «Non possiamo oggi negare che il rapporto tra Azienda Zero e i Centri di Servizio sia difficoltoso e questo a nostro avviso perché funzionari piuttosto che i dirigenti non hanno molta conoscenza e “senso pratico” rispetto alla realtà socio sanitaria territoriale e le problematiche che porta in seno».

La pandemia ha tragicamente liberato posti nelle case di riposo venete, i quali però restano vuoti a causa dei costi crescenti a carico delle famiglie degli ospiti e della carenza di personale, migrato verso il settore ospedaliero meglio retribuito.

«È fondamentale disporre – ha ribadito Uripa – l’aumento del valore delle impegnative, il cui valore è stabile da 12 anni (DGR 1673 del 22.6.2010) e della quota sanitaria degli SVP. In questa situazione, infatti, a fronte dei numerosi posti non occupati per le ragioni ben note (carenza di personale), risulterebbe inefficace disporre l’aumento del numero delle impegnative oggi in dotazione dei singoli territori».

L’associazione chiede dunque di valorizzare «un patrimonio di strutture che nel corso degli anni ci ha portato ad essere presenti con oltre 32.000 posti letti ripartiti in 340 strutture distribuite sugli oltre 260 dei 563 comuni della nostra Regione».

Una richiesta legittima e doverosa, che dovrebbe tuttavia trovare reciproca disponibilità verso tutti gli attori in campo, e l’esperienza dell’Osservatorio provinciale sulle case di riposo ci dice che sul lato della condivisione delle scelte, c’è ancora tanta strada da percorrere.

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